sabato 13 giugno 2009

Presentazione di Corrado Federici a LETTERE NON SPEDITE

Ma, insomma, chi è “Giulio Arthos”? Chi si nasconde dietro questo evidente pseudonimo evoliano già usato in età giovanile all’inizio degli anni Ottanta su Linea, allora quindicinale rautiano? Se lo definissimo un vecchio giornalista in pensione, s’incavolerebbe a morte e non ci rivolgerebbe più la parola. Allora diciamo che è un anziano giornalista, anzi un giornalista di una certa età (terza?) che è andato in esodo volontario per non voler accettare la “rivoluzione informatica” delle redazioni, per non diventare, come lui dice, “schiavo del computer”. Infatti, tuttora, continua a scrivere con la sua scassata Olivetti 32, almeno sino a che troverà i pezzi di ricambio. Un giornalista attempato e sempre più bizzoso e scorbutico man mano che passa il tempo.
Già, ma come lo passa il tempo? Il problema di tutti i pensionati: figuriamoci dei pre-pensionati volontari! Soprattutto quando, nonostante i sigari e le grappe, il tempo non passa mai. I casi erano tre, ci ha raccontato: o scrivere romanzi pornografici: il che era nelle sue corde mescolando sapientemente le sue frustrazioni senili con le sue avventure giovanili; il mercato inoltre è redditizio; ma la cosa si presentava troppo faticosa: duecento cartelle minimo erano al di sopra delle sue forze. Seconda ipotesi: scrivere romanzi polizieschi, come Camilleri, magari raggiungendo il successo in tarda età al pari del collega siciliano: aveva già pronti dei titoli: Il ladro di babà, Il collezionista di zibibbi, Memorie di un collaudatore di stuzzicadenti, Il ladro di pipe usate. Ma, dice, perché mettermi in concorrenza con Camilleri? Aspettiamo che il tempo faccia il suo inesorabile corso e prenderò ben presto il suo posto (intanto ha depositato i titoli dei romanzi che non ha ancora scritto alla SIAE). Infine, dedicarsi ad uno sfogo prettamente giornalistico dei suoi umori atrabiliari, allettato dalle generose profferte economiche di Linea (il quotidiano romano nato nel 1998) e dalle insistenze di alcuni giovani e devoti amici.
Per pura pigrizia e come sfogo viscerale, ha infine scelto quest’ultima soluzione. E così il nostro “Giulio Arthos” si china di quando in quando sulla sua vetusta macchina da scrivere meccanica e sforna le sue “lettere non spedite”; poi con le sue due o tre o quattro cartelline in tasca prende l’autobus e si reca in quel di Via Piemonte per consegnarle al collega che masochisticamente le ribatte al computer. Col sole e con la pioggia, col vento e con il caldo, lui si fa ogni volta questa scarpinata. Intanto fa bene alla salute, dice. Meno bene alla salute di chi ha il compito di colloquiare con lui, sorbendosi reprimende e minacce, borbottii e geremiadi. Ma che ci volete fare: il nostro anziano giornalista pre-pensionato volontario ha dispensato tanto di quel bene in parole, opere e omissioni nella sua lunga vita che gli altri inevitabilmente devono sdebitarsi in qualche modo con lui. Anche sbuffando (quando lui non li vede). Anche sopportandolo e pubblicando le sue letteracce. Che, peraltro, mostrano una baldanzosità assai giovanile. Botte da orbi un po’ a tutti: sinistra, destra e centro, a personaggi notissimi, noti e ignoti, tutti comunque giunti agli onori delle cronache giornalistiche per qualche fattaccio e presi di mira dalla verve acidula del nostro “Giulio Arthos”.
Conclusosi questo ciclo di collaborazioni (ogni cosa nella vita ha un suo inizio ed una sua fine, anche quelle giornalistiche) tali “lettere” vengono adesso pubblicate integralmente, senza quei tagli cui (ovviamente soltanto per i soliti spietati motivi di spazio) sono state oggetto, dato anche che il Nostro cocciutamente spesso e volentieri non teneva nel minimo conto le “gabbie” della impaginazione computerizzata: altrimenti per quale motivo avrebbe affrontato l’esodo spontaneo? Sono tutte, per non far torto a nessuno sistemate in ordine rigorosamente alfabetico, e in alcuni casi i destinatari se ne sono beccate addirittura un paio, mentre nel tempo trascorso tre di essi sono passati purtroppo a miglior vita. Parce sepultis… Ma non si pensi che le missive indirizzate dalle pagine di Linea siano sempre e solo polemicamente negative: in certi casi contengono anche una pars construens che prende lo spunto dalla critica, come si vedrà... Il turbinio della vita pubblica italiana all’inizio degli anni Duemila è stato molto prodigo di spunti e di occasioni: se ne ricava uno spaccato politico-culturale del nostro Paese da far venire i brividi: figuracce, errori, sputtanamenti, faziosità, proposte demenziali, accanimenti polemici, leccaculismi di ogni tipo, luogocomunismi hanno dato il “là” alla vis polemica del Nostro. Messe però da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochista, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante. Ci si diverte pure, spesso e volentieri, ma il risultato è lo specchio di una nazione sulla via della decadenza, dove non si salva proprio nessuno: né a sinistra, né al centro, né tantomeno a destra.
Appaiono in questo libro anche alcune “lettere” non solo “non spedite”, ma addirittura “non pubblicate”. Certune erano forse troppo spigolose e dure per gli animi sensibili dei giovani praticanti di Linea, certe altre sono rimaste in un cassetto per personalissima autocensura: anche i cattivi hanno un cuore e il motto pro bono pacis prevalse. Di queste, è chiaro, “Giulio Arthos” si assume la piena e totale responsabilità, assolvendo fin d’ora il coraggioso editore da ogni problema legale (intanto non ha una lira, pardon un euro! L’autore, non l’editore…).
Conclusa questa esperienza, non possiamo far altro che augurare al nostro amico fraterno e collega di presto decidersi fra le altre due opzioni inizialmente scartate cercando di superare l’innata pigrizia: il bivio è tra il porno e il giallo. E perché allora non un pornogiallo, unendo l’utile al dilettevole? Chessò: Il mistero della valletta trombata...

Corrado Federici

Viterbo, 28 ottobre 2008

mercoledì 10 giugno 2009

Novità editoriale: LETTERE NON SPEDITE

Il turbinio della vita pubblica italiana all’inizio degli anni Duemila è stato molto prodigo di spunti e di occasioni: se ne ricava uno spaccato politico-culturale del nostro Paese da far venire i brividi: figuracce, errori, sputtanamenti, faziosità, proposte demenziali, accanimenti polemici, leccaculismi di ogni tipo, luogocomunismi hanno dato il “là” alla vis polemica del nostro autore che, prendendo spunto da questa situazione, durante cinque anni ha pubblicato sul quotidiano “Linea” una cinquantina di “lettere non spedite” che qui si riuniscono.
Messe però da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochista, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante.
Ci si diverte pure, spesso e volentieri, ma il risultato è lo specchio di una nazione sulla via della decadenza, dove non si salva proprio nessuno: né a sinistra, né al centro, né tantomeno a destra.
Appaiono in questo libro anche alcune “lettere” non solo “non spedite”, ma addirittura “non pubblicate”. Certune erano forse troppo spigolose e dure per gli animi sensibili dei giovani praticanti del quotidiano romano, certe altre sono rimaste in un cassetto per personalissima autocensura: anche i cattivi hanno un cuore e il motto pro bono pacis prevalse.


Giulio Arthos
LETTERE NON SPEDITE
Presentazione di Corrado Federici
Edizioni Tabula fati, Chieti 2009
[ISBN-978-88-7475-166-2]
Pagg. 176 - € 12,00

http://www.edizionitabulafati.it/letterenonspedite.htm