mercoledì 2 settembre 2009

Lettere al veleno: così Giulio Arthos punge i salottieri (Secolo d’Italia, 1 settembre 2009)

Da Ezio Mauro a Maurizio Costanzo passando per Guia Soncini: tutti i bersagli di un giornalista che non se ne fa sfuggire uno

di Marco Iacona
(Secolo d’Italia, 1 settembre 2009)

Un giornalista alquanto scontento e scorretto, dice di chiamarsi Giulio Arthos (saranno soddisfatti gli evoliani no?), e si diverte a scrivere lettere e a non spedirle. Lettere toste con nomi, cognomi ed episodi “incriminati”, in passato ospitate anche dal quotidiano “Linea”, indirizzate ai protagonisti degli sba(di)gli e delle stranezze d’Italia; ai giornalisti innanzitutto (e a chi sennò?), ma anche ai politici vecchi e nuovi, come Gianni Alemanno, sindaco della Capitale e Alfredo Mantica, sottosegretario del governo Berlusconi.
Qualche mese fa, questo signor Giulio, ha deciso di raccogliere in volume le sue cattiverie e ne son venute fuori 170 pagine di rasoiate da barbiere di paese (Giulio Arthos, “Lettere non spedite”, Tabula fati, Chieti 2009, pp. 176, euro 12.00. Presentazione di Corrado Federici), tanto che ben prima della fine del libro è invero difficile che il lettore possa non esclamare «Oddio, che Italia!», periodo meno colto, ma ugualmente significativo, dell'esclamazione dantesca «Ahi serva Italia», eccetera eccetera.
Alcuni esempi per far capire. Lettera indirizzata da Arthos a Ezio Mauro, direttore de “La Repubblica”, datata 20 febbraio 2004. “Repubblica” è il giornale più artistico del nostro Paese, perché riesce a vedere un'Italia che non c'è mai stata. Un giorno di quasi sei anni fa, per esempio, un giorno che forse diverrà “storia”, Mauro si lasciò scappare alcuni commenti su una incredibile “egemonia culturale della destra” (sic!), che al nostro dottor Giulio non sfuggirono punto e ai quali infatti replicò con beffarda eleganza. Chiaro no?
Stessa famiglia (la sinistra), di nuovo le stesse lamentele su un presunto “regime” (di destra), sollevate anche da Maurizio Costanzo, un uomo dalla carriera interminabile (fra Benito Mussolini e Aldo Biscardi, per capirci). Era il 2003, e “impaurito” da alcune giudizi espressi dal settimanale “Il Domenicale”, il baffo più noto della tv commerciale si lasciò andare a uno sfogo (indovinate dove?) ancora su “Repubblica”. Pensavate che al nostro Arthos potesse sfuggire la faccia tosta dell'onnipresente pariolino? Bé, sbagliavate di grosso…
Poi è la volta della lettera indirizzata al “filosofo” e tuttologo dell'”Unità”, Bruno Gravagnuolo che un giorno sì, l'altro pure, se la prende con i “fascisti” di ieri e di oggi, ma anche lui con scarsa padronanza della materia. Il lettore scoprirà, oltre a due saporite novità sull'antigentiliano Adriano Tilgher e sull'immancabile Evola, che Corneliu Zelea Codreanu non è stato il capo della “Guardia di ferro” bensì delle più esoteriche “Croci di ferro rumeno” (sic!).
Da parte sua anche Gianni Minà, altro salty dog dell'antifascismo nostrano, si becca la sua missiva, dal titolo: “Anche i dittatori invecchiano”, stavolta a causa della fedeltà al vecchio e malinconico Fidel Castro (per la serie: compagni, opponiamoci ai dittatori solo quando non sono di sinistra, please); una fedeltà già pronta però, ci dice Arthos, a trasformarsi in critica con valore retroattivo qualora il barbuto comandante continuasse a combinarne di grosse. Vestire il fido-Fidel dei panni di un fascio-populista diverrebbe così un gioco per la sinistra degli scacchisti, che muove persone e categorie politiche a seconda di necessità e occorrenze. Oplà! e lo scomodo Castro diventerebbe il cugino emigrante di Francisco Franco: stessa “disumanità”, stesso “orientamento”, ecc.
La lettera più forte, però, è quella indirizzata alla giornalista Guia Soncini, rosa da un dubbio amletico sulle reali intenzioni degli uomini d'oggi (la vogliono ancora quella “cosa lì”?). Il nostro battagliero Arthos non si crea problemi e scrive: siamo sicuri «Cara signorina», che non si tratti di un suo personalissimo problema?

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