lunedì 9 novembre 2009

RECENSIONE a LETTERE NON SPEDITE (di Italo Inglese)

L’autore, che si cela sotto lo pseudonimo di Giulio Arthos, ha raccolto in LETTERE NON SPEDITE (Edizioni Tabula fati, Chieti 2009) cinquanta lettere, indirizzate, ma «non spedite», a noti esponenti della politica, del giornalismo, della cosiddetta intellighenzia del nostro Paese.
Bersaglio principale del sarcasmo, che costituisce la nota dominante del libro, è il PUS, cioè il Pensiero Unico della Sinistra. Ma non sfuggono agli strali del Nostro anche personaggi che, nel variegato panorama politico, si collocano al centro o a destra.
In particolare, l’autore affronta in più occasioni il tema della cultura del centro-destra. Al riguardo, l’ironia di Arthos si trasforma in un giudizio amaro: la paventata «egemonia culturale della destra» è un falso problema; ciò perché «prima la destra non ne aveva i mezzi, e ora che forse i mezzi in qualche modo potrebbe averli non esiste più in quanto destra vera, destra che si rispetti, destra degna di cotanto nome.»
L’autore evidentemente non apprezza l’attuale «destra centrista, annacquata, senza radici, senza il minimo riferimento al suo passato»; e stigmatizza la spregiudicatezza del leader che, per opportunismo, non esita a proclamarsi «antifascista» e a definire il fascismo «male assoluto».
Arthos poi ironizza sulla parabola del professore ex missino, che, una volta «giovane rivoluzionario», è oggi divenuto un «paludato conservatore del proprio sistema di pensiero» e, ottenuto il «laticlavio dell’ordinariato», applica agli altri il trattamento che ha subito nel corso degli anni: «da eterodosso a ultraortodosso, da epurato a epuratore, da vessato a vessatore, da vittima dell’intransigenza e dell’intolleranza a intransigente e intollerante.»
La vis polemica di Arthos si abbatte sull’ipocrisia e sulla presupponenza di molti rappresentanti dello «spirito del tempo», giungendo talvolta a giudizi categorici sui quali il lettore potrebbe dissentire.
Tuttavia, come scrive Corrado Federici nella prefazione, «messe da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochistica, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante.»

Italo Inglese

mercoledì 2 settembre 2009

Lettere al veleno: così Giulio Arthos punge i salottieri (Secolo d’Italia, 1 settembre 2009)

Da Ezio Mauro a Maurizio Costanzo passando per Guia Soncini: tutti i bersagli di un giornalista che non se ne fa sfuggire uno

di Marco Iacona
(Secolo d’Italia, 1 settembre 2009)

Un giornalista alquanto scontento e scorretto, dice di chiamarsi Giulio Arthos (saranno soddisfatti gli evoliani no?), e si diverte a scrivere lettere e a non spedirle. Lettere toste con nomi, cognomi ed episodi “incriminati”, in passato ospitate anche dal quotidiano “Linea”, indirizzate ai protagonisti degli sba(di)gli e delle stranezze d’Italia; ai giornalisti innanzitutto (e a chi sennò?), ma anche ai politici vecchi e nuovi, come Gianni Alemanno, sindaco della Capitale e Alfredo Mantica, sottosegretario del governo Berlusconi.
Qualche mese fa, questo signor Giulio, ha deciso di raccogliere in volume le sue cattiverie e ne son venute fuori 170 pagine di rasoiate da barbiere di paese (Giulio Arthos, “Lettere non spedite”, Tabula fati, Chieti 2009, pp. 176, euro 12.00. Presentazione di Corrado Federici), tanto che ben prima della fine del libro è invero difficile che il lettore possa non esclamare «Oddio, che Italia!», periodo meno colto, ma ugualmente significativo, dell'esclamazione dantesca «Ahi serva Italia», eccetera eccetera.
Alcuni esempi per far capire. Lettera indirizzata da Arthos a Ezio Mauro, direttore de “La Repubblica”, datata 20 febbraio 2004. “Repubblica” è il giornale più artistico del nostro Paese, perché riesce a vedere un'Italia che non c'è mai stata. Un giorno di quasi sei anni fa, per esempio, un giorno che forse diverrà “storia”, Mauro si lasciò scappare alcuni commenti su una incredibile “egemonia culturale della destra” (sic!), che al nostro dottor Giulio non sfuggirono punto e ai quali infatti replicò con beffarda eleganza. Chiaro no?
Stessa famiglia (la sinistra), di nuovo le stesse lamentele su un presunto “regime” (di destra), sollevate anche da Maurizio Costanzo, un uomo dalla carriera interminabile (fra Benito Mussolini e Aldo Biscardi, per capirci). Era il 2003, e “impaurito” da alcune giudizi espressi dal settimanale “Il Domenicale”, il baffo più noto della tv commerciale si lasciò andare a uno sfogo (indovinate dove?) ancora su “Repubblica”. Pensavate che al nostro Arthos potesse sfuggire la faccia tosta dell'onnipresente pariolino? Bé, sbagliavate di grosso…
Poi è la volta della lettera indirizzata al “filosofo” e tuttologo dell'”Unità”, Bruno Gravagnuolo che un giorno sì, l'altro pure, se la prende con i “fascisti” di ieri e di oggi, ma anche lui con scarsa padronanza della materia. Il lettore scoprirà, oltre a due saporite novità sull'antigentiliano Adriano Tilgher e sull'immancabile Evola, che Corneliu Zelea Codreanu non è stato il capo della “Guardia di ferro” bensì delle più esoteriche “Croci di ferro rumeno” (sic!).
Da parte sua anche Gianni Minà, altro salty dog dell'antifascismo nostrano, si becca la sua missiva, dal titolo: “Anche i dittatori invecchiano”, stavolta a causa della fedeltà al vecchio e malinconico Fidel Castro (per la serie: compagni, opponiamoci ai dittatori solo quando non sono di sinistra, please); una fedeltà già pronta però, ci dice Arthos, a trasformarsi in critica con valore retroattivo qualora il barbuto comandante continuasse a combinarne di grosse. Vestire il fido-Fidel dei panni di un fascio-populista diverrebbe così un gioco per la sinistra degli scacchisti, che muove persone e categorie politiche a seconda di necessità e occorrenze. Oplà! e lo scomodo Castro diventerebbe il cugino emigrante di Francisco Franco: stessa “disumanità”, stesso “orientamento”, ecc.
La lettera più forte, però, è quella indirizzata alla giornalista Guia Soncini, rosa da un dubbio amletico sulle reali intenzioni degli uomini d'oggi (la vogliono ancora quella “cosa lì”?). Il nostro battagliero Arthos non si crea problemi e scrive: siamo sicuri «Cara signorina», che non si tratti di un suo personalissimo problema?

mercoledì 22 luglio 2009

In libreria esce "Juventiade: si torna a parlare dello scandalo di Calciopoli

Calciopoli/ La Guerra di Troia della Juve in un libro. Un tifoso bianconero ancora arrabbiato per lo scandalo del calcio e le conseguenze che ha portato alla sua squadra racconta in un libro l'Ingiustizia subita da una squadra e da un'intera tifoseria. La Vecchia Signora alla guerra di Troia" dello scrittore-tifoso Ugo Tozzini.

LA TRAMA - Lo scandalo di Calciopoli 2006, le scorciatoie procedurali e i troppi conti che non tornano di un epocale processo di piazza e di palazzo contro la squadra più popolare, amata e invidiata d'Italia sono qui raccolti in un variegato collier di frammenti epistolari critici e accorati. Filo conduttore la passione profondamente ferita dell'autore e la sua rabbiosa speranza che venga finalmente a galla tutta la verità di quell'affaire, di quell'"aborto giuridico" e "imbroglio senza precedenti", quale l'operato della giustizia sportiva fu definito senza mezzi termini da eminenti giuristi e procuratori federali.

LA RABBIA BIANCONERA - Quello che l'onda anomala di fango di Calciopoli ha fatto alla Juventus e a legioni di suoi civilissimi tifosi non è rimediabile né risarcibile, perciò non dovrà essere dimenticato, né tantomeno consegnato sminuito e contraffatto alla futura memoria del calcio italiano. Le tardive sentenze della giustizia ordinaria si sono incaricate di spazzare via come indimostrato e postulatorio ogni teorema che ipotizzava fantomatici "sistemi Juve", inesistenti "associazioni a delinquere", farseschi "illeciti strutturati e ambientali" e, soprattutto, fosche "cupole" tanto care ai dietrologi. Hanno dato ragione, ma inutilmente, alle rasoiate polemiche dell'autore in difesa dell'onore oltraggiato della sua Signora Gioventù. Hanno restituito la consapevolezza, smarrita, di sé stessi a milioni di appassionati juventini, cui peraltro anche la Proprietà da parte sua è debitrice di qualche rossore di vergogna.

Rosario Rettore


http://forum.corriere.it/campionato_dei_lettori/22-07-2009/juventiade-1313146.html

martedì 21 luglio 2009

JUVENTÌADE. La Vecchia Signora alla guerra di Troia

Lo scandalo di “calciòpoli” 2006, le scorciatoie procedurali e i troppi conti che non tornano di un epocale processo di piazza e di palazzo contro la squadra più popolare, amata e invidiata d’Italia sono qui raccolti in un variegato collier di frammenti epistolari critici e accorati. Filo conduttore la passione profondamente ferita dell’autore e la sua rabbiosa speranza che venga finalmente a galla tutta la verità di quell’affaire, di quell’“aborto giuridico” e “imbroglio senza precedenti”, quale l’operato della giustizia sportiva fu definito senza mezzi termini da eminenti giuristi e procuratori federali. Quello che l’onda anomala di fango di “calciòpoli” ha fatto alla Juventus e a legioni di suoi civilissimi tifosi non è rimediabile né risarcibile, perciò non dovrà essere dimenticato, né tantomeno consegnato sminuito e contraffatto alla futura memoria del calcio italiano.
Le tardive sentenze della giustizia ordinaria si sono incaricate di spazzare via come indimostrato e postulatorio ogni teorema che ipotizzava fantomatici “sistemi Juve”, inesistenti “associazioni a delinquere”, farseschi “illeciti strutturati e ambientali” e, soprattutto, fosche “cupole” tanto care ai dietrologi.
Hanno dato ragione, ma inutilmente, alle rasoiate polemiche dell’autore in difesa dell’onore oltraggiato della sua Signora Gioventù.
Hanno restituito la consapevolezza, smarrita, di sé stessi a milioni di appassionati juventini, cui peraltro anche la Proprietà da parte sua è debitrice di qualche rossore di vergogna.



Ugo Tozzini (Torino, 1941), padre di quattro figli, ingegnere civile, oblato benedettino e imprenditore.
Autore di scritti di varia attualità, religione, teologia e bioetica, fra cui l’impegnativo saggio Mors tua, vita mea: la morte è un’opinione? (Editrice Grafite, Napoli 2000), primo classificato al III Premio Letterario Internazionale “Tito Casini”, contro il dogma ascientifico della morte cerebrale e l’illiceità morale degli espianti d’organi vivi e vitali umani.
Appassionato tifoso bianconero per antica tradizione familiare, non esita a scagliarsi con linguaggio chiaro, scomodo e sarcastico contro la mala-giustizia sportiva e un altro dogma altrettanto arbitrario, indimostrato e postulatorio: la “colpabilità” della Juventus — stranamente ben accetta alla stessa desistente Proprietà — nel farsesco e contraddittorio processo sommario di piazza dell’estate 2006, in cui l’indifesa Vecchia Signora del calcio italiano, pur in assenza di uno straccio di prova d’illecito, è stata paradossalmente “condannata per non aver commesso il fatto”.



Ugo Tozzini
JUVENTÌADE
La Vecchia Signora alla guerra di Troia

Presentazione di Paolo Bertinetti
Edizini Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-173-0]
Pagg. 128 - € 10,00

http://www.edizionitabulafati.it/juventiade.htm

sabato 13 giugno 2009

Presentazione di Corrado Federici a LETTERE NON SPEDITE

Ma, insomma, chi è “Giulio Arthos”? Chi si nasconde dietro questo evidente pseudonimo evoliano già usato in età giovanile all’inizio degli anni Ottanta su Linea, allora quindicinale rautiano? Se lo definissimo un vecchio giornalista in pensione, s’incavolerebbe a morte e non ci rivolgerebbe più la parola. Allora diciamo che è un anziano giornalista, anzi un giornalista di una certa età (terza?) che è andato in esodo volontario per non voler accettare la “rivoluzione informatica” delle redazioni, per non diventare, come lui dice, “schiavo del computer”. Infatti, tuttora, continua a scrivere con la sua scassata Olivetti 32, almeno sino a che troverà i pezzi di ricambio. Un giornalista attempato e sempre più bizzoso e scorbutico man mano che passa il tempo.
Già, ma come lo passa il tempo? Il problema di tutti i pensionati: figuriamoci dei pre-pensionati volontari! Soprattutto quando, nonostante i sigari e le grappe, il tempo non passa mai. I casi erano tre, ci ha raccontato: o scrivere romanzi pornografici: il che era nelle sue corde mescolando sapientemente le sue frustrazioni senili con le sue avventure giovanili; il mercato inoltre è redditizio; ma la cosa si presentava troppo faticosa: duecento cartelle minimo erano al di sopra delle sue forze. Seconda ipotesi: scrivere romanzi polizieschi, come Camilleri, magari raggiungendo il successo in tarda età al pari del collega siciliano: aveva già pronti dei titoli: Il ladro di babà, Il collezionista di zibibbi, Memorie di un collaudatore di stuzzicadenti, Il ladro di pipe usate. Ma, dice, perché mettermi in concorrenza con Camilleri? Aspettiamo che il tempo faccia il suo inesorabile corso e prenderò ben presto il suo posto (intanto ha depositato i titoli dei romanzi che non ha ancora scritto alla SIAE). Infine, dedicarsi ad uno sfogo prettamente giornalistico dei suoi umori atrabiliari, allettato dalle generose profferte economiche di Linea (il quotidiano romano nato nel 1998) e dalle insistenze di alcuni giovani e devoti amici.
Per pura pigrizia e come sfogo viscerale, ha infine scelto quest’ultima soluzione. E così il nostro “Giulio Arthos” si china di quando in quando sulla sua vetusta macchina da scrivere meccanica e sforna le sue “lettere non spedite”; poi con le sue due o tre o quattro cartelline in tasca prende l’autobus e si reca in quel di Via Piemonte per consegnarle al collega che masochisticamente le ribatte al computer. Col sole e con la pioggia, col vento e con il caldo, lui si fa ogni volta questa scarpinata. Intanto fa bene alla salute, dice. Meno bene alla salute di chi ha il compito di colloquiare con lui, sorbendosi reprimende e minacce, borbottii e geremiadi. Ma che ci volete fare: il nostro anziano giornalista pre-pensionato volontario ha dispensato tanto di quel bene in parole, opere e omissioni nella sua lunga vita che gli altri inevitabilmente devono sdebitarsi in qualche modo con lui. Anche sbuffando (quando lui non li vede). Anche sopportandolo e pubblicando le sue letteracce. Che, peraltro, mostrano una baldanzosità assai giovanile. Botte da orbi un po’ a tutti: sinistra, destra e centro, a personaggi notissimi, noti e ignoti, tutti comunque giunti agli onori delle cronache giornalistiche per qualche fattaccio e presi di mira dalla verve acidula del nostro “Giulio Arthos”.
Conclusosi questo ciclo di collaborazioni (ogni cosa nella vita ha un suo inizio ed una sua fine, anche quelle giornalistiche) tali “lettere” vengono adesso pubblicate integralmente, senza quei tagli cui (ovviamente soltanto per i soliti spietati motivi di spazio) sono state oggetto, dato anche che il Nostro cocciutamente spesso e volentieri non teneva nel minimo conto le “gabbie” della impaginazione computerizzata: altrimenti per quale motivo avrebbe affrontato l’esodo spontaneo? Sono tutte, per non far torto a nessuno sistemate in ordine rigorosamente alfabetico, e in alcuni casi i destinatari se ne sono beccate addirittura un paio, mentre nel tempo trascorso tre di essi sono passati purtroppo a miglior vita. Parce sepultis… Ma non si pensi che le missive indirizzate dalle pagine di Linea siano sempre e solo polemicamente negative: in certi casi contengono anche una pars construens che prende lo spunto dalla critica, come si vedrà... Il turbinio della vita pubblica italiana all’inizio degli anni Duemila è stato molto prodigo di spunti e di occasioni: se ne ricava uno spaccato politico-culturale del nostro Paese da far venire i brividi: figuracce, errori, sputtanamenti, faziosità, proposte demenziali, accanimenti polemici, leccaculismi di ogni tipo, luogocomunismi hanno dato il “là” alla vis polemica del Nostro. Messe però da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochista, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante. Ci si diverte pure, spesso e volentieri, ma il risultato è lo specchio di una nazione sulla via della decadenza, dove non si salva proprio nessuno: né a sinistra, né al centro, né tantomeno a destra.
Appaiono in questo libro anche alcune “lettere” non solo “non spedite”, ma addirittura “non pubblicate”. Certune erano forse troppo spigolose e dure per gli animi sensibili dei giovani praticanti di Linea, certe altre sono rimaste in un cassetto per personalissima autocensura: anche i cattivi hanno un cuore e il motto pro bono pacis prevalse. Di queste, è chiaro, “Giulio Arthos” si assume la piena e totale responsabilità, assolvendo fin d’ora il coraggioso editore da ogni problema legale (intanto non ha una lira, pardon un euro! L’autore, non l’editore…).
Conclusa questa esperienza, non possiamo far altro che augurare al nostro amico fraterno e collega di presto decidersi fra le altre due opzioni inizialmente scartate cercando di superare l’innata pigrizia: il bivio è tra il porno e il giallo. E perché allora non un pornogiallo, unendo l’utile al dilettevole? Chessò: Il mistero della valletta trombata...

Corrado Federici

Viterbo, 28 ottobre 2008

mercoledì 10 giugno 2009

Novità editoriale: LETTERE NON SPEDITE

Il turbinio della vita pubblica italiana all’inizio degli anni Duemila è stato molto prodigo di spunti e di occasioni: se ne ricava uno spaccato politico-culturale del nostro Paese da far venire i brividi: figuracce, errori, sputtanamenti, faziosità, proposte demenziali, accanimenti polemici, leccaculismi di ogni tipo, luogocomunismi hanno dato il “là” alla vis polemica del nostro autore che, prendendo spunto da questa situazione, durante cinque anni ha pubblicato sul quotidiano “Linea” una cinquantina di “lettere non spedite” che qui si riuniscono.
Messe però da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochista, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante.
Ci si diverte pure, spesso e volentieri, ma il risultato è lo specchio di una nazione sulla via della decadenza, dove non si salva proprio nessuno: né a sinistra, né al centro, né tantomeno a destra.
Appaiono in questo libro anche alcune “lettere” non solo “non spedite”, ma addirittura “non pubblicate”. Certune erano forse troppo spigolose e dure per gli animi sensibili dei giovani praticanti del quotidiano romano, certe altre sono rimaste in un cassetto per personalissima autocensura: anche i cattivi hanno un cuore e il motto pro bono pacis prevalse.


Giulio Arthos
LETTERE NON SPEDITE
Presentazione di Corrado Federici
Edizioni Tabula fati, Chieti 2009
[ISBN-978-88-7475-166-2]
Pagg. 176 - € 12,00

http://www.edizionitabulafati.it/letterenonspedite.htm