sabato 15 gennaio 2011

RECENSIONE a PLETTRI NELLE MANI DI DIO (di Roberto Barzi - Lettera.com)

I Beatles si sono sviluppati ininterrottamente fino alla loro disintegrazione. Lo prova il fatto che non esistono praticamente ripetizioni nella loro discografia, cosa che accade a molti altri gruppi, il cui excursus creativo appare a volte un'infinita variazione sul tema. Delle loro centocinquanta e più canzoni, gran parte fa storia a sé. Questo dato davvero impressionante testimonia la loro paurosa versatilità (oggetto di invidie talora velenose da parte di altri artisti) e l'intensità del loro creare.

Eterogenei nondimeno simili, innovatori, ma allo stesso tempo tradizionalisti, analfabeti in campo musicale, eppure capaci di comporre melodie raffinate, caratterialmente anarchici, malgrado ciò perfezionisti all'inverosimile nel loro lavoro. Si sta parlando dei Beatles e dell'ennesimo testo a loro dedicato dal significativo titolo Plettri nelle mani di Dio. Un titolo che non vuol essere blasfemo nei confronti della religione, ma che vuol dar significato al fatto che i quattro componenti di Liverpool erano talmente divini nel loro fare musica che li si potrebbe considerare come semplici strumenti in mano ad una entità superiore. O perlomeno questa è la tesi suggerita dai saggisti Andrea Barghi e Maurizio Grasso, che non hanno voluto comporre una ulteriore biografia dei cosiddetti Fab Four, né tanto meno scrivere un testo celebrativo, bensì ricordarli con una serie di brevi capitoli monotematici, nei quali sviluppare e/o approfondire alcuni aspetti della loro arte e, al tempo stesso, descriverli per quello che erano: quattro amici, che pur con le loro problematiche individuali, erano accomunati dalla passione per la musica, e che divennero delle icone fin dai loro primi concerti. I due autori, pur partendo dagli inizi della breve, ma immortale, carriera dei Beatles, non hanno voluto proseguire la loro opera in maniera cronologica, ma hanno progettato il testo come una serie di concise e fulminee dissertazioni senza un ordine preciso, di modo che l'appassionato lettore potesse iniziare a leggerla da un punto qualsiasi. Barghi e Grasso, pur non essendo degli esperti musicologi, da semplici appassionati sono riusciti nell'impresa di descrivere in poche pagine di testo il complesso universo musicale dal quale sono scaturiti i successi dei quattro talentuosi interpreti. Un metodo di lavoro eterogeneo era alla base del loro immenso trionfo: il coniugare della musica popolare con quella colta, la sperimentazione continua delle possibilità concesse dagli apparecchi della sala di incisione, l'inserimento di strumenti etnici all'interno delle loro basi musicali, l'accompagnamento di un un'orchestra, eccetera. Dissertazioni note e meno note sono state collocate vicino ad altre ancora sconosciute, sia sui rapporti di collaborazione ed amicizia tra i quattro musicisti sia sui loro aspetti più intimi e personali, senza voler fare del pettegolezzo ad ogni costo, ma, al contrario, cercando di descriverli nella loro pienezza e complessità. Naturalmente gli autori non si sono limitati a ciò, ma hanno tratteggiato nei loro testi altri svariati aspetti dei Beatles. Essendo comunque il saggio dedicato espressamente alle loro creazioni musicali, Barghi e Grasso hanno approfondito questa tematica dedicando alcune pagine alle chitarre di Lennon e Harrison, al basso di McCartney, alla batteria di Ringo Starr, alla qualità delle differenti voci soliste, al crescente e fulmineo progresso artistico dei quattro. O per meglio dire dei cinque, se si vuol valutare lo storico contributo del loro manager George Martin che, pur sprovvisto di pura inventiva, come loro produttore e grazie alla sua formazione classica, ha saputo incanalare e tradurre le idee dei quattro musicisti autodidatti in sala di incisione.
Un testo alquanto istruttivo, dunque, Plettri nelle mani di Dio, per chi vuol approfondire o conoscere le vicende del gruppo che, in meno di un decennio, sconvolse dalle radici l'universo musicale degli anni '60. Un saggio scritto in maniera lineare, mai troppo tecnico in materia musicale, biografico il minimo indispensabile, ma esaustivo, che ha saputo descrivere il complesso mondo in cui si muovevano i Beatles.

Roberto Barzi (15-01-2011)




Nessun commento:

Posta un commento